Grazie per essere qui. Oggi vi voglio raccontare di quel viaggio in Norvegia che si trasformò all’ultimo nel viaggio in Islanda inimmaginabile sino a un paio di settimane prima, anche se l’aurora alla fine non si è fatta vedere. Un po’ come tutti gli amori imperituri, ci mettono sempre varie delusioni prima di far capolino nel tuo cielo.
Raggiungere l’Islanda da Londra è notevolmente più economico rispetto all’Italia, e a seguito della messa in vendita di quei voli in flash sales da parte della Norwegian scelsimo di cambiare la rotta già stabilita di quattro giorni di viaggio che, da una prima notte a Oslo, ci portò poi a trascorrere le restanti due a Reykjavik, la nostra base per una prima esplorazione di quest’isola fuori dal mondo – forse letteralmente in senso geografico, ancor più visceralmente per immagini, per sensazioni. In tutto e per tutto.
Era fine gennaio del 2016, stagione ideale per la caccia all’aurora boreale e una full immersion nell’Islanda invernale più autentica che ci si possa auspicare. Volevamo godercela al massimo delle possibilità che solo i tre giorni a disposizione potevano darci, per di più in inverno quando ogni spostamento dev’essere ponderato e rigidamente calcolato, ma anche pronto all’improvvisazione se il clima lo impone. Ciò per mancanza di ore di luce solare sufficienti e perché buona parte dell’itinerario sono proprio i tratti di strada spesso complessi da affrontare. Ragion per cui scelsimo di ridurre il numero di tappe e in tal modo smarrirci – senza orologi al polso se non nel sole – nell’incanto di questo Paese ultraterreno, che sì, appartiene anche al finestrino dell’auto.
Come sempre, in fondo al post trovate lo specchietto sommario dei costi individuali considerando una camera a doppia occupazione. Per agevolarvi nella visualizzazione mentale degli stessi, ho preferito indicare i prezzi in Euro piuttosto che in ISK, o Corona islandese, a causa del cambio non propriamente equo. A tal proposito, siccome i pasti sono un elemento della giornata estremamente personale,a mio modesto parere, negli articoli di rasoterra raramente troverete esplicite raccomandazioni gastronomiche, se non quando ne va della comodità, del notevole risparmio o dell’oggettivo e imperdibile patrimonio culinario del luogo.
Day 1 – Arrivo a Reykjavik & Valle di Reykjadalur
Sorvolerei Oslo, la prima vera tappa di questo viaggio, in quanto non meritevole di troppe delucidazioni secondo la mia esperienza e il mio personalissimo filtro di lettura. E’ una di quelle città affascinanti per la singolare offerta di musei d’arte e di storia locale, ma con combinazioni architettoniche poco armoniche, panorami dimenticabili e scarne particolarità locali per essere una capitale, che in quanto tale, insomma, perlomeno gonfia le aspettative – seppur di sproposito a volte, è vero. Insomma, la Norvegia è molto altro, non è (solo) Oslo. L’Urlo di Munch e le buffe foto ricordo accanto all’opera nel museo dedicato all’artista norvegese però ne sono valse la pena. E così ne fu la buonissima cena a base di carne di renna e salmone norvegese in una casa-ristorante tradizionale in centro, Stortorvets Gjæstgiver, sita in un prezioso edificio risalente al XIX secolo, con noi cinque sognando l’aurora a suon di brindisi tra i calici di rosso e di bianco. Al prezzo più che accettabile – devo ancora decidere chi è più cara tra Islanda, Norvegia e Svizzera – di Euro 42,00 a testa per una cena completa dall’antipasto al dessert e vino. Non sapevo ancora che avrei dovuto attendere un altro anno per poterla catturare.
Atterriamo all’Aereoporto Internazionale di Keflavik, e già il volo Oslo – Reykjavik ci mantiene incollati o meglio ammassati ai finestrini regalandoci infinità fatta di tappeti bianchi alternati a vulcani innevati, vastità interrotta solo da sprazzi d’acqua grigio-turchese e qualche casa qui e lì, senza molta logica. Qui in Islanda ce n’è poca di logica, si innalza e respira esclusivamente secondo i dettami della natura, e null’altro. Immaginate il bianco e l’azzurro, in ogni sua variante e sfumatura, altezza e luminosità, che sia ghiaccio, vapore, acqua o neve, a tutte le ore del giorno, in qualsiasi angolo di terra. Siete su un altro pianeta: benvenuti in Islanda, “la terra del ghiaccio e del fuoco“.
Una delle primissime regole da seguire quando si pianifica un on-the-road in Islanda durante i mesi invernali è accettare sin da subito che sarà fondamentale noleggiare un 4×4 (no, niente auto compatte se non volete rischiare di rimanere bloccati nel – vero – nulla bianco per poi dover sborsare barche di ISK al fine di pagare il soccorso stradale che in media riuscirà a raggiungervi dopo due-tre ore, if you are lucky enough). L’Islanda ha una strada principale che collega tutta l’isola, la famosa Ring Road o Route 1, Hringvegur in islandese, che d’inverno diventa pericolosa su alcuni tratti meno trafficati o più sperduti a causa delle imprevedibili condizioni atmosferiche, mentre le restanti, non asfaltate, si chiamano F-Roads e non sono assolutamente praticabili con la neve e il ghiaccio. Quest’ultime sono quelle che si perdono tra i numerevoli altipiani islandesi e che mettono alla prova perfino i guidatori più esperti, ma che sicuramente assicurano divertimento allo stato puro ai più avventurosi tra di voi.
In realtà, c’è da prestare massima cautela anche lungo la Ring Road (1.332 km di estensione) poichè la combinazione onnipresente di ghiaccio, neve, vento e pioggia richiede che chiunque sia alla conduzione del veicolo debba essere seriamente abile in condizioni di guida estreme su centinaia di km consecutivi. Al fine di darvi un’idea del livello di difficoltà, ma anche della bellezza che vi farà fermare ad ogni area di sosta per bervi il paesaggio, 200 km in inverno si fanno in 3-4 ore se non di più. Mi raccomando di includere nel noleggio anche l’assicurazione più premium e platinum che ci sia, perchè, ripetiamolo a voce alta, non vogliamo sorprese, anche solo fosse una tempesta di cenere vulcanica innalzata dalle forti correnti o grossa ghiaia schizzata per sbaglio da altre auto di passaggio. Anche il GPS è un elemento importante da prendere in considerazione, qualora la rete del cellulare non prendesse in qualche punto del tragitto e in modo da ricevere istruzioni su eventuali strade chiuse o bloccate. Un paio di siti che possono risultare utili per informazioni relative alla condizione delle strade islandesi sono questi: www.road.is e safetravel.is. Ricordatevi che in Islanda vige l’obbligo di mantenere i fari dell’auto accesi 24 h al giorno. Noi ci siamo affidati alla compagnia locale più economica presente in aereoporto al momento dell’arrivo, ovvero la Lotus Car Rental. Niente da eccepire, servizio e veicolo fantastici a un prezzo decisamente ragionevole rispetto al costo della vita islandese – ci hanno concesso la Jeep al prezzo di un 4×4 standard quale la Dacia Duster in quanto era l’ultimo modello rimasto disponibile di quella tipologia di auto. Ve li consiglio caldamente.
L’aereoporto dista circa 50 km dalla capitale Reykjavik, dove vi suggerisco di fare da base per un itinerario di tre notti come il nostro. Nel caso in cui abbiate a disposizione più tempo e possiate spingervi fino al ghiacciaio più grande d’Europa, il Vatnajökull, più ad ovest dell’isola nella laguna glaciale di Jökulsárlón, che purtroppo noi non abbiamo fatto in tempo a visitare in quanto dista circa 8-10 ore di auto dalla capitale su strada innevata, potreste optare per una notte a Vik, borgo sulla costa meridionale molto noto per la sua imponente scogliera di basalto nero e rara spiaggia di sabbia dello stesso colore, o in uno dei villaggi vicini al parco nazionale del ghiacciaio in modo da risparmiarvi ore esagerate in macchina con un tale livello di concentrazione richiesto. Io devo tornarci anche solo per il mozzafiato Vatnajökull e le sue grotte semi-sotterranee di ghiaccio blu.
Una volta in città, ci accomodiamo nell’AirBnb in centro (tenete conto che è piccolina, ha circa 120.000 abitanti, quindi qualunque quartiere è idoneo per gli spostamenti). Il nostro alloggio per qualche strano motivo non è più disponibile sulla piattaforma dopo cinque anni; con l’unico intento di darvi quante più dritte possibili per risparmiare, vi direi di prenotare un b&b che abbia una cucina usufruibile, in comune o meno con gli ospiti delle altre camere, e un parcheggio gratuito per la macchina – l’Islanda è super mega cara, anche qui in particolare nel vitto così come in Svizzera. Trovare parcheggio in città, inoltre, non è così facile, soprattutto se si tiene presente che i posteggi sono gratuiti dopo le ore 18:00 sia in settimana che di sabato e durante l’intera giornata di domenica. Vi sono moltissime case tipiche a disposizione su AirBnb o Booking.com, alcune con vasca idromassaggio esterna funzionante in climi più miti, come nella nostra (come capirete più avanti, i bagni caldi all’aria aperta sono la quintessenza della cultura icelandic). Un esempio carino ed economico in impeccabile stile islandese l’ho trovato qui.
Reykjavik, laghi ghiacciati e Serena
Un aspetto negativo del visitare i paesi nordici nella stagione invernale, appunto, è che le ore di luce sono fugaci come lo diventa l’adolescenza nella consapevolezza nostalgica caratteristica dei trent’anni: alle 15 c’è buio pesto. Ergo bisogna svegliarsi presto e preventivare di cominciare a rimettersi su strada entro le ore 16 o prima, secondo la distanza chilometrica che separa la destinazione ultima dell’itinerario del giorno dalla base. Scegliamo dunque di dirigerci subito verso la prima tappa islandese – la selvaggia Valle Reykjadalur (Hveragerði, ovvero “valle dei vapori”) situata nei pressi del vulcano dormiente Hengill.
Reykjadalur, come vuole il nome, è infatti una zona termale di sorgenti calde dovute alla forte attività geotermica del sottosuolo dell’area che si estende per 300 kmq. Qui, regna un panorama quasi marziano punteggiato da pozze di fango ribollenti, fumarole e sorgenti calde e vi è un fiume d’acqua termale dal tiepido al rovente totalmente balneabile. Questa magica valle, ancora più bella con i suoi colori minerali all’aria nel pieno dell’estate, dista appena 40 km dalla capitale, nei dintorni della cittadina di Hveragerði. Una volta lasciata la macchina nel parcheggio adibito si inizia la piacevole camminata di un’oretta (3,5 km a tratta) per raggiungere il fiume, lasciandosi attrarre dai fumi, i crateri e le formazioni laviche, le cascate, i canyon improvvisi sotto i piedi, i getti di vapori, il blu grigiastro e celeste paradisiaco delle piscine solfuree, un insieme d’armonia geotermica strettamente connesso alla presenza del vulcano Hengill all’interno della regione. Ahimè non siamo riusciti a bagnarci nel fiume con -10 gradi all’esterno e colline di soffici tappeti bianchi tutt’intorno – nella neve sì, però, e buttandoci di testa.
Abbiamo in seguito trascorso la sera a girare per il centro di Reykjavik, pronti per una sveglia poco dopo l’alba il mattino dopo. Dovete sapere che in Islanda si cena molto presto e i ristoranti tendono a chiudere verso le ore 21:00, con una chiusura abituale della cucina alle ore 20:00. Da buoni italiani del sud, cominciamo quindi a cercare un posto in cui nutrirci verso le ore 21:30 e non ne troviamo nessuno, finché il magnifico Tapas Barinn ci appare, caldo e acceso nella sua santificata apertura della cucina sino alle ore 22:00. Vivamente suggerito per la caratteristica varietà di tapas vegetariane, di carne e di pesce prettamente del luogo con una sempre-ben-accetta influenza iberica, e per l’atmosfera molto accogliente. In merito al vitto, tenete presente che un pranzo o una cena da consumarsi seduti all’interno di un ristorante o bar islandese ammonta in media a ISK 8.600,00 a persona, ovvero Euro 55,00 Euro, vini esclusi.
Quella sera il cielo notturno era sommerso di nubi e scombussolato da perturbazioni che non gli e ci lasciavano fiato, cosicché rinunciammo alla caccia all’aurora ancor prima di iniziarla rassicurati nella scelta dalle previsioni atmosferiche dettate con inappuntabile rigore dall’Ufficio Metereologico Islandese, che è tassativamente da consultare ogni due ore per monitorare la probabilità di assistere all’aurora boreale durante la giornata in corso. Sperate nel bianco, mai-tanto-desiderato bianco sulla mappa, e in una scala prevista di attività dell’aurora di almeno 6. L’aurora boreale è un fenomeno luminoso naturale che si verifica con forte frequenza da novembre a fine marzo circa negli strati dell’atmosfera terrestre al di sopra di specifici Paesi del nord a elevata latitudine dell’emisfero settentrionale, in regioni che si trovino inoltre all’interno del cosiddetto ovale aurorale (in inglese si chiamano anche northern lights, luci del Nord, per questa ragione), ma per essere visibile all’occhio umano il cielo deve essere completamente limpido o solo parzialmente coperto da nuvole, e il clima freddo e asciutto, puntualmente in aree a ridosso o al di sopra del Circolo Polare Artico. I particolari colori di un’aurora dipendono dall’intensità della fisica dietro di essa, cioè da quali gas sono presenti nell’atmosfera, dal loro stato elettrico e dall’energia delle particelle che li colpiscono. Evitate le notti di luna piena e cercate sempre luoghi isolati e lontani dall’illuminazione artificiale per aumentare le probabilità di spettacolo.
Day 2 – Golden Circle & caccia all’aurora
Questa seconda giornata in Islanda passerà poi alla storia come il non plus ultra dell’entusiasmo vivo e della delusione pulsante. Parabola di tutte le emozioni forti, in fondo. É stata indelebile, seducente e incantevole, perfino nella sua dose di speranza avvilita.
Partiamo verso le ore 8 del mattino perché ci aspetta una tabella di marcia abbastanza intensa intorno al noto Golden Circle, il “Circolo o Cerchio d’Oro”, percorso ad anello che collega Reykjavik fino agli altopiani del sud e ritorno attraverso iconici luoghi di interesse da non perdere, per circa 300 km. La comodità del Golden Circle è che nessun sito presente lungo l’itinerario turistico dista più di due ore dalla capitale ed è quindi facilmente percorribile nell’arco di una giornata. Godetevi il viaggio. E sguardo attento in cerca dei cavalli islandesi.
Scatti di Ring Road lungo il Golden Circle
La nostra prima tappa è il Thingvellir National Park, a 47 km verso l’entroterra, posto che ritroverete nuovamente nel racconto di qui a poco. Unico parco nazionale islandese appartenente al patrimonio mondiale dell’UNESCO, Þingvellir è un luogo carico di importanza sia geologica che storica per il mondo intero. Solo qui e in questo Paese si può osservare al di sopra del livello del mare la fossa tettonica dorsale medio atlantica che divide le placche tettoniche euroasiatica e nordamericana e che attraversa tutta l’isola. Tale fossa è stata in origine una sacca di magma che è risalita in mezzo alle due placche mentre si allontanavano dando così avvio alla formazione dell’Islanda milioni di anni fa. Il loro costante allontanamento di circa 2,5 cm l’anno è il motivo per cui l’Islanda ha un’attività sismico-vulcanica così attiva. Oltretutto, è possibile prenotare un tour di snorkeling o di immersione subacquea unico nel suo genere nella splendida gola di Sifra, una delle tante gole createsi dai sismi della zona, per osservare le placche tettoniche sotto la glaciale acqua cristallina anche con temperatura esterna di 2°C grazie alla tenuta delle mute stagne moderne. In alternativa, si può tranquillamente ammirare la separazione tra le placche camminando lungo la placca nordamericana nella gola di Almannagjá (una delle location delle riprese del Trono di Spade, per i fan). Come se tutto ciò non bastasse, e forse ancor più rimarchevole, Thingvellir racchiude in sé le radici della democrazia come la conosciamo oggi. Infatti, più di un millennio fa, nel 930 d.c., fu creato proprio qui il primissimo parlamento rappresentativo (thingvellir = campi del parlamento) da parte dei clan nomadi coloni dell’isola. Parlamento democratico che resistì sino al 1944 all’interno del parco, anno in cui fu eletto il primo Presidente della nazione islandese a indipendenza dichiarata, e che fu in seguito spostato a Reykjavik mantenendone però in toto valori e sistema – avrete davanti la sede della più antica assemblea rappresentativa che ancora resiste nella sua essenza.
Entrando nel parco Thingvellir dal parcheggio principale, ci si trova subito davanti una parete che è in realtà l’estremità del continente nordamericano (questa è la gola di Almannaggjá formatasi dalla placca nordamericana che si può attraversare a piedi). Il continente euroasiatico è invece a parecchi chilometri di distanza, dall’altro lato del parco.
Da Thingvellir raggiungiamo Gullfoss, distante 70 km sempre verso l’entroterra, assicurandoci in questo modo di vederla alla luce del giorno. Gullfoss è la cascata più famosa dell’Islanda per la sua teatralità impetuosa (due salti per un’altezza di 32 metri, e fino a 140 m³/s di portata media in estate), e le foto vi spiegheranno il perchè. La sua potenza ammutolisce, e d’inverno non si riesce a distinguere dove inizia l’acqua e dove finisce il ghiaccio, colpa della messa a fuoco smussata dalle praterie bianche e dal vento avvolgente, quasi minaccioso, talvolta protettivo di tanta maestosa bellezza.
Da Gullfoss in poi i parcheggi sono tutti gratuiti: la natura, d’altronde, soprattutto quando è ineguagliabile, dovrebbe essere di tutti, se trattata con cura. In ogni sito naturale che visiterete sarà necessario rispettare i sentieri indicati dalle autorità locali al fine di mantenere intatto il fantastico patrimonio, mi raccomando.
Dieci km tornando verso Thingvellir eccoci ai belli e impossibili geyser, nell’area geotermica della valle Haukadalur. Nuvole di vapore visibili sin dalla Route 1, l’area è costellata di terra incandescente che parla gorgogliando al pari di Reykjadalur, ma con i due geyser più conosciuti del pianeta: il Grande Geysir, ormai quasi inattivo da decenni, che regalava getti alti sino a 120 metri, e Strokkur, che esplode danzando invece ogni dieci minuti raggiungendo altezze di 20-40 metri. Noi ci siamo seduti sulla neve e ci siamo lasciati ipnotizzare da quello spettacolo per almeno 40 minuti. Ridendo, urlando, tra estasi delle braccia e baci sulla pelle gelata. Abbiamo anche imparato a contare i dieci secondi rimanenti a ciascuna esplosione in sincronia con Strokkur. Cuore pulsante del pianeta su tramonto. Vita su tela.
Si è fatta sera ormai, e ci assale una voglia matta di buttarci in una delle piscine termali naturali all’aria aperta che caratterizzano l’Islanda e che si possono trovare più o meno sperdute in molteplici punti dell’isola. Le più autentiche sono accessibili gratuitamente a qualsiasi ora e sono quelle più inesplorate. Qui un’interessante lista per lasciarvi ispirare. Vista l’ora, per comodità optiamo per la Secret Lagoon, la prima piscina termale attrezzata ma totalmente naturale del Paese dal 1891, molto meno turistica dell’artificiale Blue Lagoon (evitatela, se potete, è una trappola per turisti) e situata lungo la strada di ritorno per Reykjavik, a 25 km da Geysir, sempre lungo il Golden Circle. Non posso ancora credere di aver nuotato nell’acqua a 38-40 gradi, mentre fuori era buio e fresco neve. C’erano solo islandesi, oltre a noi, e uno di loro mi offrì anche gentilmente una Fanta dopo che sono svenuta per lo sbalzo di temperatura all’uscita dalla vasca (ma soffro di pressione bassa col caldo io, tranquilli). Essendo la sorgente termale che alimenta l’acqua abbracciata alla piscina stessa, la location assume ulteriore magia per la presenza di fumarole e pentole di fango bollenti a fare da contorno. Esperienza decisamente da rifare!
Prima di rientrare a casa, alla ricerca spietata di un ristorante nei dintorni della Ring Road che stavamo percorrendo, ecco che ci imbattiamo in uno dei luoghi gastronomici della mia top 10 della vita a Selfoss: Tryggvaskáli. Non so se è più indelebile l’impeccabile arredamento shabby chic islandese o il menu a base di pesce dei mari del nord, pulcinella di mare (il puffin, l’uccello tra i simboli dell’Islanda) e skyr, il formaggio yogurt tipico della cucina islandese. Portate, luogo e servizio eccezionali. Lo so, potrebbe suonare strong per alcuni, ma rasoterra è tuffarsi nel diverso, da capo a stomaco a piedi.
Lo Skyr islandese
Ecco, ora arriva il climax della giornata e forse del viaggio stesso, che poi diventerà benzina per i sogni ripresi di corsa l’anno successivo, in Norvegia. Come avrai già percepito, avevamo aspettative altissime di inciampare nell’aurora boreale nonostante le poche notti di permanenza, ma non volevamo pagare per un tour organizzato privo di alcuna garanzia di avvistamento che potevamo benissimo fare-da-noi. Io avevo stilato una lista dei posti più oscuri e desolati, non troppo distanti dalla base, nei quali ci fossero probabilità maggiori di visibilità del fenomeno e dopo esserci riposati un paio d’ore in camera, risaltiamo in auto per tornare al Thingvellir National Park. Questa volta, però, impostiamo il campeggio “Camping Thingvellir Vatnskot” lungo il lago Thingvallavatn (il più grande d’Islanda) come destinazione. Perché? Perché si tratta di una ex fattoria abbandonata immersa nell’oscurità che si apre su di un ampio spazio separato dal lago solo da file di siepi, a cui si arriva e si parcheggia facilmente in macchina. Vista la totale assenza di luci artificiali e di attività umana di qualunque genere, il campsite è perfetto per sedersi sulle panchine in legno della fattoria, e aspettare, con pazienza, collo verso il cielo, piedi nella neve, abbracci negli abbracci. Per combattere il freddo che, a volte, neanche i cinque strati di abbigliamento superiore e inferiore e i pantaloni antivento riescono a contrastare. Armatevi di fantasie, potrebbero passare ore prima che spunti. “Eccola!”, “Sarà lei?”, “Mi sembra aurora quella, raga”, “Ma danza pure!”. Nonostante tutte le sublimi illusioni, purtroppo non abbiamo avuto fortuna in quell’occasione, ma ricorderò sempre quella notte come la lunga notte dei desideri. Tacitamente velati, ma fervidi e audaci perché uguali e all’unisono.
Day 3 – Reykjavik
Terza e ultima (mezza) giornata prima di tornare a Londra, e quale attività migliore se non quella di abbandonarsi alle peculiari vie di Reykjavik e ai suoi nevosi baretti, laghi ghiacciati e negozietti di qualità (le giacche, le coperte e i maglioni di lana sono il pezzo forte). Oppure alla brezza marina. Grotta Island Lighthouse, il faro della città, è un altro punto ideale per attendere l’aurora. Il National Iceland Museum, la moderna chiesa luterana Hallgrímskirkja e Sun Voyager, la scultura d’arte contemporanea vista mare a forma di barca vichinga sono le tre chicche della capitale islandese.
Me ne vado con i tramonti infuocati e le mattine di cristallo trasparente, la gentilezza distesa e accogliente degli islandesi e polvere di stelle da strofinare per bene nella ricerca futura dell’inatteso. Che poi impari non si cerca, accade. Ci tornerei mille e una volte su quest’isola e sono certa che non mi basterebbe comunque. Succede solo con quei grandi amori imperituri.
Icelandic Tips
- Tra le tante cose che non abbiamo fatto in tempo a vedere a causa della fredda stagione e per le quali tornerò appena posso, c’è il relitto dell’aereo della marina militare americana schiantato nel 1973 sulla spiaggia di sabbia nera di Sólheimasandur, lungo la costa sud dell’isola, a 163 km circa dalla capitale. I resti dell’aereo sono ancora lì, bianco su nero, semi-integri, a disposizione di chiunque voglia lasciarsi sorprendere da un’ambientazione da film di fantascienza. Si deve camminare circa un’ora dal parcheggio per trovarlo e si può addirittura entrare all’interno dell’aereo. E per di più a pochi passi c’è l’oceano. Le coordinate sono le seguenti: (63 27.546-19 21.887). Evitate di addentrarvi nella distesa di spiaggia infinita durante l’inverno senza una guida che sappia dirigervi e in caso di forte vento: le tempeste di sabbia sanno far male;
- Parliamo di abbigliamento ad-hoc per l’Islanda d’inverno: vestitevi a strati, sia sopra che sotto. E con strati intendo maglia termica, maglietta a maniche lunghe, pile, maglione 100% lana, piumino impermeabile che copra i glutei; collant di lana, leggings termici, jeans, pantaloni antivento; due paia di calzini, di cui uno di lana, scarponcini impermeabili, imbottiti di pelo e comodi per camminare; guanti impermeabili rivestiti internamente di pile; cappellino invernale per coprire testa e orecchie; scaldacollo in pile. Decathlon sarà un santuario per ogni singolo pezzo sopracitato e a prezzi bassissimi come ci piace. Credetemi se vi giuro che in versione omino michelin ho a malapena sentito freddo mentre attendevamo l’aurora immobili, parola di freddolosa cosmica. Il vento islandese è il vento che spacca la pelle e ti sposta senza che tu te ne accorga, proteggetevi e sarà fantastico;
- La benzina è rara da trovare lungo la Ring Road, potrebbero passare centinaia di km prima della successiva stazione di servizio, dunque cercate di mantenere il serbatoio pieno a sufficienza senza rimandare al “prossimo autogrill”;
- A proposito di autogrill, sono punti di ristoro ideali per risparmiare durante gli spostamenti on-the-road;
- Lungo le strade principali non parcheggiate sul ciglio, limitatevi a usare le aree di sosta predisposte per non causare disagi al traffico;
- Assicuratevi di avere sempre un piano B qualora il meteo vi tragga in inganno – uno dei proverbi islandesi è appunto “Se non ti piace il tempo islandese adesso, aspetta cinque minuti: probabilmente peggiorerà“;
- Scattate delle foto all’esterno e all’interno dell’auto appena noleggiata onde evitare sorprese salate alla consegna delle chiavi (questa regola si applica in tutti i Paesi del mondo, in Islanda a maggior ragione);
- Trucchetto per catturare l’aurora boreale su immagine: se potete, portatevi un tripod per le foto e una macchina fotografica professionale. Nessuno smartphone è in grado di coglierla, ed è richiesta una mano estremamente ferma.
[…] nostro spazio di cielo islandese. A tal proposito, ti consiglio caldamente di leggere anche il mio itinerario di 3 giorni in Islanda d’inverno, altra meta perfetta per rincorrere le luci del Nord. Lì trovi […]
[…] Per giungere a Valdevaqueros, località divinamente rustica leggermente fuori Tarifa, basta atterrare a Malaga o a Siviglia e noleggiare sul posto la prima automobile di ultima categoria disponibile – parliamo anche solo di 30 euro al giorno. Entrambi gli aeroporti distano infatti 159 km e 203 km rispettivamente (massimo 2 ore di tragitto) dalla nostra destinazione. In realtà, negli anni ho trovato di frequente che la mossa più intelligente sia consultare in via preventiva i prezzi del noleggio auto su un portale di comparazione prezzi come Rentalcars.com dove sconti e offerte regnano sovrani tutto l’anno. Questo si applica essenzialmente ai Paesi in cui non vi siano particolari precauzioni di guida da prendere in considerazione e dunque si possa prenotare online senza la preoccupazione di trovarsi un veicolo semi-guasto alla consegna delle chiavi oppure una macchina non sufficientemente prestante per le attività in cui siamo interessati o per la condizione della rete di strade locale. In tal caso, sarebbe consigliabile affidarsi al parere degli agenti di noleggio del luogo dopo averne discusso a voce (come abbiamo scelto di fare ad esempio in Islanda). […]
E fu così che mi ritrovai anch’io a prenotare il mio viaggio in Islanda 🇮🇸… ed era proprio così come l’avevi descritta !
È uno dei posti più belli della Terra, o sbaglio? 🤗
Stunning 😍
Thank you so much, Milena :’) ✨💫