Cosa fanno insieme una psicologa e una viaggiatrice incallita?

Con Laura Meledina di @fioreinscatola, psicoterapeuta in the making (per la serie segni – la psicologia mi affascina tantissimo da sempre), ci siamo poste alcune domande per indagare un po’ più a fondo il tema della psicologia del viaggio. Io a lei ho chiesto di sollevare quanto possibile il velo al vento dalla mente nomade dell’essere umano, lei a me ha domandato l’emozione.

Cara psicoterapeuta, ti scrivo

(Giulia) Tutti almeno una volta avranno sentito o letto la frase “viaggiare è la miglior cura per l’anima, soprattutto se in solitaria o in coppia”. Tuttavia, mentre questo aspetto potrebbe essere compreso nel profondo dai viaggiatori più assidui, forse chi viaggia poco potrebbe considerarlo quasi mistico come racconto. Riesci a spiegarci cosa avviene davvero dal punto di vista psicologico nella mente e nella sfera emotiva di un viaggiatore?

(Laura) Ci sono tante motivazioni che spingono le persone a viaggiare: ricercare libertà, riposarsi, acculturarsi, abbandonare situazioni complesse, esibire le proprie possibilità economiche, conoscere nuove culture, insomma: possono essere davvero tante e varie. Certamente il viaggio permette di conoscere sé stessi attraverso la conoscenza dell’altro, significa sperimentare l’ignoto uscendo dalla propria comfort-zone mettendosi in gioco. Le emozioni sono altrettanto importanti perché ogni motivazione che ci spinge a viaggiare ne porta con sé sempre di diverse. Se dovessimo pensare a un viaggio di piacere, pensiamo alla sensazione di allegria ed entusiasmo che ci prende quando decidiamo la meta e il periodo. Anche la partenza, l’arrivo e il ritorno a casa ci fanno sperimentare emozioni contrastanti facendo somigliare il concetto del viaggio al concetto della vita (nascere, vivere, morire). Sicuramente al ritorno da un viaggio non saremo più le persone che sono partite ma avremo acquisito occhi diversi e una consapevolezza diversa, non solo del mondo che ci circonda e delle meraviglie del creato, ma anche di noi stessi.

(Giulia) Ricollegandoci alla domanda precedente, e rimanendo dunque nell’ambito dell’evoluzione personale, che ruolo ha il viaggio nel percorso interiore, quasi inconscio, verso la distruzione degli stereotipi del viaggiatore?

(Laura) Il viaggio dovrebbe demolire gli stereotipi e le generalizzazioni che l’essere umano è portato a creare, o almeno, speriamo sia così! Senz’altro apre la mente, a nuovi desideri, orizzonti, scenari che non avevamo immaginato. Inoltre, ci mette in connessione con realtà totalmente differenti da noi e dal modo in cui siamo abituati a vivere, facendoci scoprire la diversità e portandoci a vedere le cose sotto nuovi punti di vista. Soddisfa i bisogni di novità, di cambiamento ed esplorazione, accresce il senso di competenza e auto-efficacia rispetto a nuove cose che si possono apprendere.

(Giulia) Come mai qualcuno di noi è attratto più verso le grandi città e il rumore, e altri da luoghi isolati e spiaggie deserte? C’è una spiegazione puramente caratteriale o possiamo includere questa tendenza personale nell’ambito di motivi e necessità della sfera psicologica?

(Laura) Indubbiamente ognuno di noi protende verso determinati stimoli che lo incuriosiscono e lo affascinano. Anche la scelta del viaggio ci dice qualcosa del viaggiatore. Non ricorriamo però a bias cognitivi (facilitazioni mentali) aspettandoci che persone tranquille scelgano mete tranquille e persone avventurose mete avventurose e città rumorose. La scelta del viaggio potrebbe dipendere dal periodo di vita che il viaggiatore sta affrontando: faticoso oppure al contrario molto felice, un periodo di stallo, la voglia di cambiamento, un viaggio forzato, un viaggio di lavoro. Ci sono casi in cui la scelta dipende dai compromessi che si fanno con i compagni di viaggio. Quest’ultimo potrebbe essere qualcosa di “imposto” per poi accorgersi che la meta non era poi così male.

La viaggiatrice in una cartolina

(Laura) Qual è l’esperienza più emozionante che hai vissuto durante uno dei tuoi viaggi?

(Giulia) Difficile ridurre la risposta a una sola, parliamo di un ventaglio di emozioni forti di matrice spesso diversa. A primo acchito, ti risponderei che l’esperienza più emozionante sia stato giocare con il plancton fluorescente nel bel mezzo di una notte messicana a Isla Holbox. Io, la mia migliore amica, attorno il buio pesto e le scie luminescenti che ci seguivano a ogni passo di danza nel mare. I fenomeni naturali rari come la bioluminescenza e l’aurora boreale, esercitano un fascino magnetico e profondamente emotivo che muove molti dei miei itinerari. C’è poi la componente sociale che è il fulcro delle mie giornate quotidiane, non necessariamente solo in viaggio, che riesce puntualmente a emozionarmi anche solo attraverso la gentilezza, una pratica quasi dimenticata e di cui mi nutro come fosse poesia.

(Laura) Hai mai provato tristezza per qualcosa durante uno dei tuoi viaggi?

(Giulia) Oltre ad ogni volta che devo staccarmi da un luogo, l’ho provata forte da tremare ad Auschwitz in Polonia. Neanche mettendoci piede ci si può lontanamente avvicinare al poter comprendere l’essenza, le radici, la (non) banalità di quel male, che è poi ancora vivo intorno a noi. Magari semplicemente scegliamo di girare la testa dall’altra parte, come direbbe Liliana Segre. E forse è questo dettaglio che mi ha sconvolto varcando l’arco di quel vecchio campo di concentramento – che molti, troppi, sono effettivamente in grado di girare la testa dall’altra parte e permettere la distruzione. Di qualunque natura essa sia. Grande o piccola. Esplosiva o di soppiatto. Oggi, tutti i giorni, in tutti i luoghi del mondo.

(Laura) Cos’è per te il viaggio?

(Giulia) Viaggiare per me è una finestra dalla quale intravedi quello che immagini ma che apri solo quando ti lasci andare al caso di quello che ti aspetta senza saperlo. Persone, soprattutto. Scambi umani, in primo luogo.

Però prima mi ha chiesto di raccontarlo con un’immagine.

Leave A Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *